Arricchito dai contributi di musicisti provenienti da diversi orizzonti [Olivier Ker-Ourio, Bijan Chemirani, Pierrick Hardy], il nuovo album di Annie Ebrel è un simbolo di apertura. Ma “Roudennoù”, che significa “impronte”, “tracce”, è anche fortemente radicato nelle tradizioni bretoni. “Avevovoglia ci fosse l’armonica in questo album”, ricorda Annie Ebrel, che
naturalmente pensa subito a Olivier Ker-Ourio, un armonicista di origine bretone che ha lavorato con Jacques Pellen, Danyel Waro, Michel Petrucciani e Didier Lockwood. “È lui che mi ha parlato di Pierrick Hardy”, aggiunge la cantante scoperta grazie alla sua voce e al gusto per le collaborazioni [con il contrabbassista Ricardo del Fra, tra gli altri]. Chitarrista,
nato a Dinan, Pierrick è anche compositore e arrangiatore. “Si è occupato di garantire coerenza al progetto, armonizzando i nostri desideri e le nostre idee”. Quanto alla scelta del percussionista, si è imposto il nome di Bijan Chemirani, figlio minore di un’illustre famiglia di percussionisti iraniani. “Eravamo tutti entusiasti all’idea di lavorare con lui”.
Così formato, il piccolo gruppo si è messo a lavoro. “A tappe e in più incontri, abbiamo dato forma al nostro repertorio. Non avevo idee precise sul cammino che avremmo intrapreso insieme. Ci siamo concessi del tempo per cercare e sperimentare, dando vita, a volte, a più versioni di uno stesso brano”. Ad ascoltare il risultato, non c’è dubbio che questa avventura sia stata molto prolifica: canti tradizionali da ballare [Kan ha diskan] o da ascoltare [Gwerzioù e Sonioù], oltre ad alcune recenti composizioni, frutto di questi incontri tanto felici quanto inaspettati. In An teod miliget il soffio profondo dell’armonica blues di Oliveir Ker-Ourio si
lega con estrema delicatezza alla voce di Annie. Sia che duettino, come in questo pezzo, sia che il dialogo si allarghi a tre o quattro musicisti - come in Perak ma zimeer ma mamm, un brano dove il canto vibrante di Annie si appoggia alla battuta nervosa e leggera di Bijan [sostenuto dalla chitarra di Pierrick e prolungato dal soffio di Olivier] -, il quartetto non si
perde mai in preziosismi.“Pierrick, che ha ricoperto il ruolo di produttore, ha saputo stimolare,
durante le sedute di lavoro, la registrazione, e adesso nei nostri concerti, la libertà di espressione di ognuno di noi”, analizza Bijan Chemirani da Marsiglia. Il percussionista, quando non suona con il trio familiare, composto da suo padre [Djamchid] e da suo fratello [Keyvan], propone all’interno del suo gruppo [Oneira] incursioni nel cuore delle musiche
tradizionali greche e iraniane. “Sono una spugna. Questi momenti di incontro, questi istanti unici mi nutrono”, prosegue Bijan, esperto di percussioni persiane [daf, zarb e altro] e invitato a collaborare dai più grandi musicisti. “È a contatto con gli altri che progrediamo. Anche se, in assoluto, le figurazioni o i ritmi di un suonatore di djembé non hanno niente a che vedere con quello che faccio, posso imparare molto da lui. Durantequesto lavoro, Pierrick, che nell’album suona anche il clarinetto, mi ha aiutato a ripensare lo spazio musicale”. Registrati in studio prima che si esibissero dal vivo, questi dieci brani dal suono limpido, senza effetti, continuano ad evolversi ad ognuno dei loro incontri sul palco. Tanto da giustificare, da qui a qualche mese, una registrazione live per completare questa fraterna e toccante testimonianza.
(Mondomix - Italia)