Il chitarrista acustico SIMONE GUIDUCCI (un nome importante del jazz italico, come comprovano le sue collaborazioni con artisti di grande risonanza, tra i quali si possono ad esempio citare i nomi di Gianluigi Trovesi, Gianni Coscia, Enrico Rava, Paolo Fresu, Ralph Alessi, Erik Friedlander, Chris Speed, Don Byron) si ripresenta al suo pubblico con una nuova incisione, Storie di fiume, la quarta per la nostra etichetta, dopo Cantador (2000), Chorale (2002) e Dancin’ Roots (2004), lavori che hanno riscosso un notevole interesse anche presso la critica specializzata. Al suo fianco GUIDUCCI riconferma il collaudato e raffinato Gramelot Ensemble, insieme al quale sceglie di proporre un programma marcato anche in questa l’occasione dal riuscito connubio tra la rievocazione delle sonorità della tradizione e l’improvvisazione, una cifra stilistica che GUIDUCCI va approfondendo nel corso degli anni con sempre maggiore convinzione, senza peraltro rinunciare a provarsi in sempre differenti sperimentazioni. Partendo da questi presupposti estetici e tematici Storie di fiume raggiunge vertici di assoluta eccellenza, mostrandosi ricco tanto di contenuti quanto di felici invenzioni collettive. E in Storie di fiume è proprio la completezza del dialogo tra gli strumentisti a colpire maggiormente l’orecchio, secondo una pratica di ascolto reciproco tra i membri del gruppo che riesce a esaltare la dimensione d’insieme del fare musica senza per questo rinunciare a quanto di bello e trascinante può nascere dalle invenzioni spontanee e momentanee del singolo solista. In questo senso è quasi inutile sottolineare quanto Roberto Dani (batteria e percussioni), Salvatore Maiore (contrabbasso), Fausto Beccalossi (fisarmonica) e Achille Succi (clarinetto) siano “braccia” fondamentali nel consentire alla “mente” GUIDUCCI di dare vita alle sue composizioni, strutturate sulla traccia di melodie ricercate e cantabili allo stesso tempo, e sottolineate come di consueto da arrangiamenti sofisticati. All’interno del Gramelot Ensemble è poi doveroso notare come Succi si confermi clarinettista di grande classe, senz’altro tra i migliori dell’ultima generazione, offrendo nuove prospettive a uno strumento che sembrava quasi dimenticato. In Storie di fiume” la musica erompe alla stregua di un torrente in piena, con quella carica passionale e “umana” che riporta inconfondibilmente a SIMONE GUIDUCCI, un artista in grado di esprimere il suo sentire attraverso sonorità a cavallo tra l’antico e il moderno, un mondo acustico al quale è davvero difficile rinunciare una volta che se ne è fatta esperienza.
Nuovo lavoro del chitarrista Simone Guiducci con il suo Gramelot Ensemble, che per l’etichetta Felmay sono giunti al quarto lavoro, dopo Cantador, Chorale e Dancin’ Roots. In questa occasione il gruppo torna a far leva solo sui cinque elementi originari, senza ospiti, e come al solito esplora territori musicali connessi alla memoria popolare rivisitata con libertà e creatività.
Già i titoli dei brani simboleggiano questa poetica autoctona, esaltata dalle sonorità della chitarra del leader e della fisarmonica di Beccalossi, per assecondare le quali anche Achille Succi imbraccia solo clarinetti, i cui legni più si adattano del metallo del sax ad avvicinare la tradizione e il territorio fluviale attraversato nell’album.
Com’è però costume del Gramelot, le atmosfere trasognate e malinconiche, spesso solcate da ritmi di ballo popolare, vengono nella rivisitazione perfino rovesciate, fino ad assumere fogge ben diverse. Ne sono esempi pregnanti le parti centrali di “La leggenda della vecia sproc” e “Confluenze”, che, da ritmo da festa paesana l’uno e di fiabesca narrazione l’altro, si trasformano in intensa improvvisazione libera, la quale - grazie anche alla verve di Succi al clarinetto basso - ricorda momenti di jazz francese (Texier, Sclavis). Particolarmente lirica e introspettiva, invece, “Prima della pioggia”, evocativa e sospesa “Invocazione”, descrittiva della poetica del gruppo l'iniziale “Uomini di fiume” (nella quale è splendido il lavoro svolto da Roberto Dani).
L’album conferma l’importanza e la vitalità del quintetto in un genere rischioso, perché sempre più frequentato e facile a scivolare sul banale, ma nel quale il Gramelot di Guiducci, a distanza di oltre dieci anni dalla sua formazione, mostra di essere ancora buon protagonista.
Neri Pollastri
AllAboutJazz.com