“La Smithsonian Institution ha acquisito il catalogo dell’etichetta Folkways perché le generazioni future abbiano accesso ai suoni ed al genio degli artisti... La memoria culturale, la continuità, l’integrità, il giusto riconoscimento per culture ed artisti della tradizione sono gli scopi”: abbiamo scelto di estrarre due frasi significative dai libretti che corredano queste due splendide pubblicazioni perché vanno a toccare snodi cruciali nel dibattito sui ‘giacimenti culturali’ che l’era contemporanea si trova a gestire, tra sovraccarico informativo dell’era di internet e coltri di oblio. Pete Seeger, voce possente e banjo tintinnante a tracolla, è il padre indomabile ed imprescindibile della coscienza ‘folk’ d’America. Lo è dal 1939, due anni prima della nascita di Mr. Bob Dylan (che pure oggi è un altro dei ‘grandi vecchi’ delle note). In quell’anno, e in quello successivo, girò ventenne per gli States assieme ad Alan Lomax, a raccogliere l’humus pulsante di una tradizione che, con mille rivoli diversi, tutta assieme diventò poi una sorta di ‘grande canone’ del folk. In America, e poi ovunque. Alla Folkway approdò nel ’53, queste raccolte ne sono un primo corposo assaggio. “Non ho mai pensato a me stesso come ad un semplice intrattenitore. Io sono una persona che racconta storie vere, a volte un organizzatore”.
GUIDO FESTINESE
(da World Music Magazine 79)