La voce inconfondibile di Maria Moramarco, i plettri scintillanti di Luigi Bolognese, le mirabolanti percussioni mediterranee di Silvio Teot. Gli UARAGNIAUN, dopo i significativi Ualì e Skuarrajazz, tornano a riaccendere l’interesse sul loro nome con una nuova produzione, U diavule e l’acqua sante.
Sin dal titolo si può comprendere come per l’occasione il gruppo di Altamura abbia concepito l’idea di mettere in campo un repertorio, in gran parte costituito di brani appartenenti alla tradizione dell’entroterra barese della Murgia, dalle tematiche contrastanti. Il disco si muove così, senza mezzi termini e senza compromessi, tra il sacro e il profano, tra il “buono” e il “cattivo”. Le sfumature sono volutamente lasciate da parte e il lavoro trova la sua riuscita proprio nelle opposizioni tra toni musicali accesi e sonorità pacate, e nella riproposizione delle eterne contraddizioni dell’uomo, capace di ammirevoli gesti d’amore e inconsulte violenze. Dal diavolo che ruba le giovani donne alla brutta fine di un brigante gentiluomo, dall’apparizione della Vergine agli occhi cavati di santa Lucia, dai miracoli di san Rocco alla metafora della rosa spinosa, dall’innamorato disperso in guerra alla ninna nanna malinconica di una madre preoccupata per il futuro del figlio, U diavule e l’acqua sante accoglie e fa risuonare una tradizione ricca e stilisticamente complessa, risolta sul piano musicale con grande attenzione, partecipazione e cura dei particolari. Di gran nome gli ospiti, a cominciare da Riccardo Tesi e Daniele Sepe, nonché i preziosi interventi della “colonia” basca che ha contribuito ad aumentare la gamma espressiva del disco. La fisarmonica e il “vibrandoneon” di Joxan Goikoetxea, la chitarra di Balen Lopez de Munain e un paio di pezzi del patrimonio folk basco inclusi in scaletta accrescono la validità di un lavoro di notevole spessore non solo musicale ma anche culturale.
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