Ci porta nel cuore di terra della Lombardia contadina un canto di lavoro eseguito dal gruppo I Giorni Cantati, esponente duraturo di quell'esperienza che maturò intorno alla Lega di cultura di Piadena (1967), per proseguire nello spettacolo-comunicazione "I giorni cantati" (1975) e giungere al nostro tempo nel segno della coerenza tra tradizione e consapevolezza politico-sociale.
Il lavoro che frange la zolla, ma anche il canto intimo e materno da una terra - la Brianza - che sembra essersi immolata a una modernità snaturante. La sua antica poesia sopravvive nell'opera dialettale di Francesco Magni, capace di un racconto modulato nei più svariati registri, dal realistico al grottesco, dall'ironico al lirico.
Nella val Gerola fertile di pascoli l'iniziativa di Roberto Valota ci presenta, nel repertorio della famiglia Morelli, un documento cantato che pone in luce le complesse trame di influssi che legavano le terre alpine e pre-alpine alle pianure della Padania.
Al malinconico canto dei Morelli segue l'allegrezza di un brano per campane dal vasto repertorio documentato da Valter Biella, eseguito da Bernardino Caim. La tecnica esecutiva raggiunge livelli di virtuosismo senza perdere la sua funzione di richiamo comunitario.
Altro esempio di canto alpino, con la voce segnata dalla vita in miniera della famiglia Bregoli, di Pezzaze in val Trompia. Il brano è stato scelto per il suo carattere drammatico, ma i Bregoli hanno in repertorio anche pezzi "classici" del canto lirico-narrativo.
La traversata per territori alpini svalica nella valle del Caffaro, con la ricchissima tradizione musicale e coreutica rappresentata dai Sonadur, legata al rituale del carnevale che impazza tra Bagolino e Ponte Caffaro, scrigno di simboli arcaici.
Bandalpina è gruppo numeroso da lungo impegnato nella tradizione alpina che attinge ampiamente alla ricerca di Biella. Qui presenta la Polca di Zorzone. utilizzando le sonorità dell'antico baghét bergamasco (cornamusa) in un brano già nel repertorio dei minatori di Zorzone Giorgio Palazzi (fisarmonica) e Pietro Epis (clarinetto).
Il brano successivo approda all'altro grande 'conservatorio' di tradizioni popolari rappresentato dall'appennino delle Quattro Province (PV, GE, AL, PC). Stefano Valla è il suonatore che più di ogni altro ha contribuito alla conoscenza e diffusione dell'antico oboe popolare. In questo brano antico combina stilemi arcaicizzanti a precisione esecutiva, con l'accompagnamento sicuro del fisarmonicista Daniele Scurati.
Di danza in danza, raggiungiamo una stagione solo apparentemente distante, e cioè l'universo sonoro degli Area, il più fecondo e radicale dei gruppi che fiorirono negli anni Settanta. Il pianoforte di Patrizio Fariselli ne sublima l'ansia creativa donando il senso di una gioiosità da conquistare.
Seguono tre frammenti rappresentativi della vitalità del piffero appenninico di Stefano Faravelli, qui a confronto con linguaggi musicali non tradizionali. Cresciuto nella tradizione musicale della val Staffora e militante nei piacentini Enerbia, Faravelli dialoga da sempre con musicisti di altra estrazione.
Lamp e Tròn ruota intorno a Marco Domenichetti, pifferaio, canterino, sperimentatore di linguaggi multimediali, protagonista con Valla degli "Incontri" internazionali di Villa Penicina, mentre Dissoi Lògoi fanno capo ad Alberto Morelli, polistrumentista e compositore impadronitosi della tecnica esecutiva dell'oboe appenninico, che accompagna a svariate confluenze espressive.
Segue un brano che nasce dall'incontro con il grande poeta dialettale Franco Loi e ci introduce nel mondo del folk revival lombardo con il gruppo dei Baraban, cui si devono anche importanti ricerche ed iniziative editoriali.
La voce di Sandra Boninelli ci riporta alla più attenta riproposta di atmosfere contadine, con un prodotto appena pubblicato che esprime la passione di ricerca di una vita al fianco di ricercatori come Leydi, Coggiola e Bermani.
E' ancora canto con Fabio Turchetti, musicista fortemente radicato nel territorio cremonese, qui in un gioco di parole disciolte che offrono uno scat in versione padana.
Segue un nuovo richiamo lanciato dal festoso xilofono di Tarcisio Beltrami, utilizzato dai campanari della bergamasca, e quindi la polivocalità alpina della famiglia Zani di Dossena, paese emblema di una genuina tradizione alpina fatta di canti e delle celebri mascherate carnevalesche.
Il panorama totalmente urbano della Milano antagonista fa da sfondo ai Club Dogo, uno dei gruppi di punta dell'attuale scena hip hop milanese, seguito dall'suggestione interattiva dei Tangatamanu di Alberto Morelli e Stefano Scarani.
L'ultima coppia di brani prevede un ritorno al canto polivocale più autentico della montagna pavese, (e di tutto l'appennino delle Quattro Province) con il gruppo Voci di Confine, coordinato da Paolo Rolandi, per concludere sulla versione stralunata dell'Internazionale interpretata negli anni Settanta dai milanesi Area al gran completo.