La tradizione giavanese non è soltanto rappresentata dalle ampie formazioni gamelan, documentate nel catalogo Felmay da una prestigiosa serie in nove volumi, una collana che ha messo in mostra le molte sfumature di una cultura fondata su una storia millenaria, ricca e complessa. “Cokekan” intende infatti porre all’attenzione degli appassionati di musica etnica uno degli aspetti contemporanei attraverso cui il patrimonio giavanese è in grado di evolversi e continuare a perpetuarsi. L’esecuzione è affidata a un quartetto di strumentisti (e tre ospiti) diretto dal maestro, compositore, scrittore ed etnomusicologo SUPPANGAH RAHAYU, un’autorità riconosciuta che vanta anche numerose esperienze all’estero e collaborazioni con artisti occidentali (ad esempio per la colonna sonora di “Sureq Galigo”, opera tratta da una novella epica indonesiana del XIV secolo, messa in scena dal regista Bob Wilson). È interessante sottolineare che gli esecutori fanno parte del GARASI SENI BENAWA, un’associazione aperta e informale che accoglie artisti di varia età ed esperienza, operanti nei più diversi settori dell’arte e disposti a collaborare tra loro.
La musica che si ascolta in “Cokekan” è affidata, oltre che a magnifiche voci femminili, ai gong e alle percussioni, a particolari strumenti quali il gender, il rebab, il suling e lo zither. Lo stile a cui appartengono i quattro brani presentati si può riferire al karawitan, termine con cui si indica in senso generico la musica tradizionale presente nell’area centrale di Giava. Ne è un esempio la prima traccia, che di solito viene suonata in apertura di un concerto oppure di una rappresentazione del wayang kulit, il teatro delle ombre giavanese. Il secondo brano, “Subasiti”, deriva il suo nome da una regina vissuta nel Trecento e viene di solito impiegato per accompagnare l’omonimo personaggio in occasione delle rappresentazioni di danza-teatro del genere Langendriyan. Il terzo, “Jineman”, indica sia un genere del XIII secolo sia i temi che servivano a creare una sorta di intermezzo “leggero” all’interno di un concerto karawitan. Il finale “Sekargadhung” è una melodia riferibile alla tradizione rurale e il testo, non a caso, è un dialogo tra un uomo a cui è fuggito il cavallo e una donna i cui panni, mentre lavava, sono stati trascinati via dal fiume.
Pur con l’impiego di un ensemble ridotto, cameristico nella sostanza, il maestro SUPPANGAH RAHAYU riesce a dare una probante dimostrazione della bellezza e della ricchezza timbrica di cui è capace la musica giavanese.