Dopo i sorprendenti U Ciucciu (fy 8090) del 2005 e Ricuordi (fy 8113) dell’anno successivo, ecco in uscita la nuova e originale prova di MASSIMO FERRANTE, che con Jamu prosegue nel suo impegno teso a perlustrare ad ampio raggio la realtà musicale e sociale dell’Italia del Sud. Il suo canto inconfondibile e il suono altrettanto riconoscibile di una chitarra a 12 corde marcano un’incisione che vive di accostamenti stilistici arditi. L’apertura e la chiusura del disco sono affidate alla ripresa (suddivisa in due parti) di una celebre poesia di Ignazio Buttitta, Lingua e dialettu, tramutata in canzone grazie all’arrangiamento e ai corposi interventi strumentali di Antonello Paliotti (chitarra classica, fisarmonica, mandolino, basso). L’incipit è celebre (Un popolo / mettetelo in catene / spogliatelo / tappategli la bocca, / è ancora libero), non meno che la prosecuzione (Un popolo / diventa povero e servo / quando gli rubano la lingua / ricevuta dai padri: / è perso per sempre). Appartengono sempre a Buttitta le parole di Lamentu pi la morti di Turiddu Carnivali, dedicati al sindacalista ucciso dalla mafia in Sicilia nel 1955, che FERRANTE interpreta accompagnandosi con la chitarra catanese. Un recupero importante è la Strina du judeo, un tradizionale calabro proposto con belle variazioni da Ferrante in compagnia di Lutte Berg alla chitarra elettrica, Lello Petrarca al basso e Enrico Del Gaudio alla batteria. Le strine sono canti augurali eseguiti in genere durante il periodo natalizio, ma quella in oggetto si caratterizza per i toni arrabbiati e caustici indirizzati verso le istituzioni civili e religiose. Ari cincu è invece un canto joggese trasposto in stile bandistico, in cui, tra i fiati, si ascolta il clarinetto di Francesco Banchini. Si prosegue con l’amaro e ironico Ha detto De Gasperi a tutti i divoti, interpretato in “bianco e nero” dal solo FERRANTE alla maniera dei vecchi cantastorie, e con Tu compagno, un brano scritto in origine dal Canzoniere delle Lame, che FERRANTE dedica ai politici di sinistra odierni e a cui Lutte Berg aggiunge azzeccati suoni “rumoristici”. E sempre il chitarrista nato in Svezia ma di padre calabrese è responsabile del bel fraseggio jazzato presente nel salace ’U monacu. E se non può mancare una sostenuta tarantella (Tarantella minore), FERRANTE nemmeno si scorda delle minoranze occitane di Guardia piemontese, in provincia di Cosenza, riprendendo una surreale canzone in lingua d’oc (La piov e la fa soulelh).