ENSEMBLE MARAGHÎ
Anwâr - From Samarqand to Costantinople on the Footsteps of Maraghî
Fy 8172
World Music
885016817220
Felmay Records
Turchia
In questo CD l’Ensemble Marâghî propone un viaggio musicale tra spazio e tempo che inizia a Samarcanda con le composizioni del grande musicista, compositore e musicologo ‘Abd ul-Qadir Marâghî (1360?-1435) e, seguendo le sue tracce, giunge sino a Costantinopoli e alla tradizione musicale ottomana. Le singole tappe di questo viaggio musicale danno il titolo al lavoro: Anwâr in arabo significa infatti “luci, splendori, illuminazioni”. Avviciniamoci a questi splendori: ‘Abd ul-Qadir Marâghî nacque a Maragheh, nell’attuale Azerbaijan iraniano, verso il 1360, e scomparve ad Herat, attuale Afghanistan, nel 1435. Da tipico artista sulla “Via della Seta”, egli fu attivo presso i principali centri culturali dell’epoca, quali Tabriz, Baghdad, Samarcanda ed Herat. Soprattutto egli fu amato e stimato dall’imperatore Timûr, meglio noto in occidente come Tamerlano (1335-1405) che lo volle sempre con sé a Samarcanda. È da notare come molto raramente le sue composizioni siano state incise. In particolare, per lo sviluppo della musica classica ottomana fu fondamentale e fondante l’arrivo di Abdülaziz, il più giovane dei figli di Marâghî, che nel 1422 portò in dono al sultano Murad II il trattato del padre intitolato Maqasid al-Alhân (“I significati delle Melodie”), con una carovana che da Herat raggiunse Bursa, allora la sede della corte. La tradizione che ne nacque, fu, proprio come Marâghî, l’esempio “sonante” della sua interculturalità: essa, infatti, è considerata come la sintesi tra la tradizione bizantina e le tradizioni persiano/araba e timuride. Un tratto caratteristico della tradizione musicale ottomana fu la sua costante e profonda interrelazione con il sufismo (tasawwuf) e con la sua peculiare pratica spirituale detta samâ‘ (“audizione, ascolto, concerto spirituale”), così che i centri sufi, soprattutto dell’ordine mevlevî (“dervisci rotanti”), furono sempre considerati come dei veri e propri Conservatori e vi era un’interazione profonda e continua tra i due ambienti, quello sacro e quello secolare, quello dei dervisci e quello della corte.
Gli strumenti: La voce nell’estetica della tradizione persiana è considerata come “lo” strumento per eccellenza, che si esprime grazie alle complesse tecniche dette tahrîr. Il setâr è un piccolo liuto a manico lungo della tradizione persiana. Il flauto di canna ney è uno strumento dal passato millenario: i primi resti archeologici datano al 2500 a.C. ma esso ha assunto un nuovo ruolo nell’opera poeta di lingua persiana Mevlâna Jalâl ud-Dîn Rûmî (1207-1273) e nei repertori della confraternita dei “dervisci rotanti” (mevlevîye) che fiorì dal suo impulso. Il termine zarb (di origine araba) significa “tempo, misura, battuta”; insieme a questo termine colto, nell’attuale Iran se ne impiega uno più popolare e onomatopeico, tombâk: entrambi indicano un identico tamburo “a calice”. Il liuto a manico corto ‘ûd appartiene ad una famiglia di strumenti che collega il Giappone, alla Cina, all’Iran e al mondo eurocolto.
L’Ensemble Marâghî nasce nel 2008 all’altro capo della “Via della Seta”, Venezia, probabilmente grazie alle risonanze sonore che ancora vagano tra le pietre della città. Il nucleo dell’Ensemble è un Trio composto dal percussionista Francesco Clera, che ha studiato tamburo a calice zarb (o tombak) con Jâmshîd Shemirânî, con i suoi due figli Bijân e Keyvân così come con Behnam Samâni. Giovanni Tufano ha studiato ‘ûd con il libanese Gazi Makhoul e percussioni con Michael Metzler, con la famiglia Shemirânî e con Behnâm Samânî. Giovanni De Zorzi da anni studia con il M.o Kudsi Erguner ed è allo stesso tempo dottore di ricerca in Etnomusicologia e docente di flauto ney al Conservatorio “Arrigo Pedrollo” di Vicenza. Di imminente pubblicazione è il suo: Giovanni De Zorzi, Musiche di Turchia. Tradizioni e transiti tra Oriente ed Occidente. Con un saggio di Kudsi Erguner, Milano, Ricordi/Universal Music, 2010. Nel tempo è iniziata una collaborazione stabile con la giovane, colta e curiosa cantante Sepideh Raissadat, formatasi sin dall’età di otto anni con i più grandi esponenti della tradizione classica (radîf) persiana. Sepideh è anche musicologa, ha inciso già diversi dischi e viene unanimemente riconosciuta come una delle migliori voci della sua generazione.
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